Amianto: risarcimento danni esposizione2023-05-09T18:25:48+02:00
Amianto Risarcimento Danni

Risarcimento danni per esposizione amianto

Amianto e risarcimento danni. In caso di diagnosi con l’insorgenza di alcune patologie correlate sussistono tutta una serie di tutele che possono essere dovute alle vittime colpite da malattie asbesto correlate. Non tutti sanno che le fibre di asbesto sono assolutamente nocive per la salute dell’uomo. Ispessimenti pleurici oppure delle placche possono essere l’inizio di un’infiammazione che può portare all’insorgenza di un tumore correlato all’amianto.

Per questo motivo è necessaria una cautela ed un’attenzione enorme sull’argomento. Parleremo di amianto con un linguaggio semplice, cercando di togliere tutti i coni d’ombra che ognuno di noi può avere di fronte a questioni come indennizzo a seguito di danni dovuti ad un’esposizione all’amianto. Faremo riferimento ad esempi concreti, dove il nostro staff legale è riuscito ad ottenere importanti riconoscimenti.

Amianto: inizio di una storia che ha portato ad una strage silenziosa

Con il termine amianto facciamo riferimento ad un minerale conosciuto sin dai tempi dell’antichità. I suoi primi utilizzi si possono ascrivere agli antichi Romani ed al popolo persiano.  A quel tempo, il suo era limitato a scopo rituale, in virtù delle proprietà magiche che gli avevano attribuito. Più tardi, arriviamo sino al Medioevo, quando venne anche definita lana della salamandra. Leggenda popolare narra che questo rettile avesse il corpo ricoperto di amianto, motivo per il quale questo potesse sfidare il fuoco senza bruciarsi.

esposizione amiantoAnche Marco Polo si espresse in merito, nei suoi racconti cita più volte parole che avevano riferimenti con l’uso dell’amianto; nello specifico spiega e decanta lodi all’uso di quest’ultimo nella filatura di preziose tovaglie. Risale a circa al ‘600, l’utilizzo dell’amianto in preparati per medicinali. Veniva usato con molta attenzione per la cura delle ulcere e per guarire i bambini dalla scabbia. L’utilizzo in campo medico è arrivato sino agli anni ’60, prima di essere accantonato definitivamente.

L’amianto nel mondo del lavoro

In campo industriale, furono gli Stati Uniti, i primi che iniziarono attorno al 1800 ad utilizzarlo in modo massivo nella vita quotidiana. A cavallo tra il 1800 ed il 1900, l’uso dell’amianto subisce un grande impulso  non solo in America, ma anche in Europa. Nel 1903, il Comune di Parigi decide di utilizzare l’amianto, lo stesso farà il Comune di Londra qualche anno dopo per la realizzazione della metropolitana.

danni esposizione amiantoDa quel momento, l’amianto viene visto come una panacea di tutti i mali, un materiale dalle mille virtù, diventando la base di realizzazioni (Italia compresa) come palestre, ospedali, scuole arrivando lentamente sino ai giorni nostri. Il suo uso aumenta a dismisura, in tutti i settori, le sue lastre ondulate in fibra di amianto diventano elemento imprescindibile. La fiducia in questo materiale diventa elevatissima, fino a quando succede qualcosa di inaspettato che spariglia improvvisamente le regole del giuoco.

Negli anni ’80, per la precisione nel 1981, alcuni operai della fabbrica Eternit intentano una causa per vedere riconosciuti i danni dall’uso di questo materiale. Il clamore suscitato da quella storia è così grande che ben presto si scoperchierà un vero e proprio vaso di Pandora.

Arriviamo velocemente ai giorni nostri, da anni in Italia l’amianto è stato bandito; tutti i manufatti prodotti in amianto dovranno essere smantellati quanto prima. Con l’approvazione della legge 257 del 1992 sono stati chiusi tutti gli stabilimenti che producevano Eternit. Nonostante il grande eco ricevuto, sui nostri territori la quantità di amianto presente è ancora molto alta.

All’interno dell’ambiente di lavoro, la storia dell’amianto può scrivere dei veri e propri manuali, da tempo i medici del lavoro hanno cominciato una vera e propria battaglia per tutelare la salute dei lavoratori. Una vera e propria sfida contro tutte quelle polveri sottili, responsabili della morte di migliaia di lavoratori in Italia ed all’estero. La storia dell’amianto nel mondo del lavoro è una storia triste, storie che vedono tante famiglie in attesa di giustizia.

Sentenze amianto: storie di oggi

Recenti sentenze hanno dimostrato che le fibre di amianto uccidono ancora. Il giudice del tribunale del lavoro di Firenze Carlotta Consani ha condannato la Regione Toscana per non aver tutelato abbastanza i lavoratori contro i rischi connessi all’esposizione all’amianto. La moglie e i due figli saranno risarciti per una somma complessiva di 800mila Euro per la morte del loro familiare, 73 anni, ex-dipendente dell’ex USL 10/D di Firenze.

L’uomo, che lavorava nella lavanderia e nelle centrali termiche degli ospedali fiorentini di Santa Maria Nuova e Careggi, per un lunghissimo periodo è stato a contatto diretto con l’amianto visto che veniva usato come isolante sia nelle centrali termiche sia per le tubazioni e le guarnizioni nelle lavanderie.

Questi particolari sono stati confermati dai racconti di alcuni colleghi durante l’istruttoria che ha spiegato di aver lavorato a mani nude senza nessun dispositivo di protezione individuale. Le operazioni di rimozione dell’amianto sono cominciate nel 1990, ma si sono concluse definitivamente solo tra il 2011 ed il 2012 quando la centrale è stata completamente distrutta e ricostruita.

risarcimento eternitIl giudice ha accolto la domanda dei legali della famiglia difesi dall’avvocato Frisani e dal collaboratore Rosanò. Secondo il tribunale risulta evidente e dimostrato il nesso di causalità tra la malattia contratta dal lavoratore e l’esposizione all’amianto. Il datore di lavoro si è attivato solo negli ultimi tempi su richiesta del proprio personale che è risultato essere del tutto disinformato, fornendo le mascherine per proteggere i suoi dipendenti dalla polvere di amianto ma che in realtà non erano in grado di proteggere dalle polveri della sostanza killer.

Una volta chiarito il punto che l’esposizione alle polveri della fibra di amianto durante lo svolgimento della propria attività lavorativa avesse un nesso, i giudici del foro di Firenze hanno disposto il versamento a titolo di risarcimento di una somma pari a 800.000 Euro.

Le stanze dell’ospedale non sono gli unici ambienti a rischio, visto che proprio di recente il tribunale di Bologna il Tribunale di Bologna ha condannato il ministero dell’istruzione al risarcimento di 930.258 Euro per la morte della professoressa Olga Mariasofia D’Emilio. Alla docente è stato diagnosticato un mesotelioma a seguito dell’esposizione da amianto della professoressa durante le ore di lezione nella scuola media Farini del capoluogo emiliano, nelle aule di chimica e fisica.

Stessa sorte toccata al vigile del fuoco deceduto a seguito di alcune complicanze derivanti dalla prolungata esposizione alle polveri di amianto durante le sue attività di servizio che lo hanno portato alla terribile diagnosi di mesotelioma pleurico. Anche in questo caso, Il Tribunale di Genova ha condannato lo stato ed in particolar modo il Ministero dell’Interno a risarcire i familiari del militare per una cifra superiore ai 600.000 euro.

Nonostante tutta l’attenzione e la cura verso questo tipo di problema si muore ancora di amianto. Il numero di casi di mesoteliomi altre patologie asbesto correlate non segnano mai una battuta di arresto.

Nel momento in cui si diventa consci della patologia, la cosa migliore da fare è quella di rivolgersi ad uno studio legale (meglio se quest’ultimo è coadiuvato da professionisti competenti in materia) che potranno immediatamente fornire i migliori consigli ed avviare le pratiche di risarcimento danni.

Danni da amianto: rischio mesotelioma

Uno dei principali rischi da esposizione anche occasionale a polveri e fibre è proprio quello del mesotelioma. Si distingue principalmente da due fasi, la prima infiammatoria (dovuta all’esposizione alle fibre di amianto) e una seconda neoplastica.

Il mesotelioma è uno dei principali tumori maligni da amianto. A seconda della localizzazione si distinguono principalmente in quattro differenti patologie:

  • pleurico: colpisce la cavità toracica;
  • peritoneale: si sviluppa nell’addome
  • pericardico: si sviluppa dalla membrana che riveste il cuore
  • testicolare: si sviluppa dalla membrana che riveste i testicoli

Ogni anno in Italia muoiono circa 6000 persone per patologie legate all’amianto. In generale la sopravvivenza al mesotelioma raramente supera i 5 anni dalla data della diagnosi. Il mesotelioma lo si nota con sintomatologie di tipo diverso. Per fare un esempio quello pleurico lancia i primi segnali con accumulo di liquido all’interno della cavità pleurica, colpi di tosse oppure del fiato corto; quello peritoneale a differenza oltre a nausea e vomito, colpisce l’addome con dei forti dolori.

Il mesotelioma pleurico e peritoneale sono le forme più frequenti, difatti nel loro insieme rappresentano circa il 98% dei casi complessivi. il mesotelioma è correlato all’esposizione all’asbesto, fibra minerale più nota come amianto, con una latenza di 15-45 anni e un decorso di 1-2 anni”.

ho respirato amianto

Amianto danni alla salute: quali rischi

Quando l’amianto è pericoloso?

L’amianto non emette radiazioni oppure dei gas tossici, ma diventa pericoloso nel momento in cui viene inalato. Le sue dimensioni, nel momento in cui si parla di fibre, raggiungono il centesimo di micron (per capire un micron è un millesimo di millimetro). A paragone basti pensare che un capello misura circa 70 micron. Nel momento in cui queste entrano all’interno del corpo possono raggiungere con facilità gli alveoli polmonari. La dispersione nell’aria​ di queste fibre è il problema principale, visto che le conseguenze che ne derivano nel momento possono essere devastanti per l’uomo. 

Quanto sono grandi le fibre di amianto?
Le dimensioni delle fibre di amianto sono microscopiche e vengono misurate in micron (µ); Per dare una dimensione della grandezza si immagini che 1 metro [m] = 1.000.000 micrometri [µm].

Quanto amianto occorre respirare per ammalarsi?

vittime amianto risarcimentiNon esiste una risposta certa che possa rispondere a questa domanda. A oggi non possiamo quantificare a priori quanto amianto occorre respirare per ammalarsi; con i dati alla mano possiamo non possiamo parlare di “soglia” bensì limitarsi a fare delle considerazioni generali, si deve valutare caso per caso. Ovvio e lampante la considerazione che in caso di esposizioni prolungate il rischio di ammalarsi sia molto più alto ma è evidente che anche una singola esposizione non annulli completamente il rischio.

Ad esempio, anche il solo lavorare in un ambiente dove è presente l’amianto toccando i materiali senza nessun dispositivo di protezione individuale sarà maggiormente a rischio rispetto a quei soggetti che lavorano quotidianamente con sistemi di sicurezza professionali che riescono ridurre se non azzerare completamente il rischio di inalazione di questa sostanza. 

Attualmente la migliore soluzione è quella rappresentata dalla bonifica e dalla prevenzione

Cosa fare se si pensa di essere entrati in contatto con l'amianto?
Il nostro suggerimento è quello di recarsi presso una struttura ospedaliera per verificare l’insorgenza di eventuali patologie.

Amianto normativa: metodi di bonifica

Verrebbe da pensare che rimuovere tutti i manufatti sia il metodo più semplice per risolvere questo tipo di problema. In realtà non è proprio così semplice, ad oggi la legge prevede tre metodi diversi di bonifica a seconda dello stato del materiale che contiene amianto e del luogo in cui si trova. Cercando di ricondurre il discorso a parole semplici possiamo esemplificare il concetto in:

  • incapsulamento
  • confinamento
  • rimozione vera e propria

I primi due tendono a lasciare le cose dove sono, nello specifico con l’incapsulamento verranno messi in sicurezza i manufatti. In sintesi verrà posta una vernice che avrà il compito di rivestire con una sottile pellicola l’area di interesse. il confinamento consiste nell’usare una copertura ulteriore di materiale isolante che dovrà avere il compito di evitare il rilascio delle fibre di amianto. Il terzo è il caso più estremo che comporta una vera e propria rimozione fisica del materiale dal posto dal quale si trovava.

Esposizione e primi sintomi, quanti anni trascorrono?

I dati scientifici hanno accertato che le persone che vengono colpite da questo tipo di patologia hanno un periodo di latenza molto lungo. Si parla di decine di anni, per qualcuno 10-15 anni, mentre per altri sono stati necessari oltre 40 anni dall’ultima esposizione. 

Fare causa allo stato a seguito di un’esposizione da amianto

Posso richiedere un risarcimento a seguito di un danno causato dallo Stato?

La risposta è ovviamente SI, anche se necessariamente dovrà passare da un lungo percorso che parte da un ambiente familiare che viene sconvolto da un’infausta notizia. Perizie e prove documentali dovranno certificare:

1) la condotta illecita del datore di lavoro (dimostrare la mancata informazione ai lavoratori dei rischi e la esposizione del lavoratore all’amianto);

2) l’evento (l’insorgenza di una patologia ricollegabile all’esposizione all’amianto);

3) il nesso di causalità (la riferibilità all’amianto della patologia lamentata);

Come muoversi: i nostri consigli

risarcimenti amiantoSe si sospetta che una patologia possa essere correlata ad una esposizione professionale a materiali contenenti amianto, è il momento di agire, di segnalare! Per avviare tutte le pratiche è fondamentale conoscere la storia del lavoratore. Una breve ricostruzione dei fatti, la documentazione medica sono gli strumenti necessari per cominciare l’iter legale. Una volta ottenuto il conferimento di mandato abbiamo tutto ciò che ci serve per partire.

Noi, gestione crediti pubblici, non chiediamo nessun anticipo di denaro da parte del cliente ed un’altissima percentuale di successo sono i punti di forza e la garanzia dell’operato. 

Gestione Crediti Pubblici è un team composto da professionisti esperti in cause contro lo Stato e lavoriamo con un’organizzazione

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E non è tutto: Gestione Crediti Pubblici si accolla tutte le spese legali.

Noi di Gestione Crediti Pubblici siamo stati tra i primi in Italia a non richiedere alcun compenso anticipato, in altre parole il nostro assistito non si espone economicamente, per tutta la durata dei processi. 

Il risarcimento eredi amianto non comporteranno alcun rischio per chi sia affida allo staff legale di Gestione Crediti Pubblici.

Com’è possibile questo? Il nostro compenso verrà saldato solo a risarcimento versato, anche se la causa risarcitoria dovesse durare anni.

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    FAQ

    È certamente possibile chiedere il risarcimento danni quando nello svolgimento delle proprie mansioni lavorative si è stati costretti a manipolare e ad avere, comunque, contatto con l’amianto e/o con materiali composti con amianto e suoi derivati senza alcun tipo di protezione e senza essere in alcun modo informati del rischio per la salute connesso a tale esposizione.

    Sì. Le spese mediche di genere vario, sostenute o da sostenere, sono dovute, in quanto documentate, ovvero presumibili e notorie quali normali effetti dell’evento lesivo.

    Stabilire l’entità del risarcimento a priori non è possibile. L’unica certezza è che quanto più grave è stato il danno subito, tanto più alta sarà la cifra in risarcimento del danno.

    Il materiale necessario va valutato singolarmente da caso a caso. Una volta contattato il nostro staff, è necessario effettuare una prima valutazione in modo da accertare la reale fattibilità dell’azione legale. I nostri esperti dovranno, in pratica, documentazione alla mano, verificare se esistano o meno gli estremi per procedere alla richiesta di un risarcimento del danno.

    Va comunque tenuto a mente che l’attore (il lavoratore e/o per lui gli eredi) ha l’onere di dimostrare:

    • la condotta illecita del datore di lavoro (dimostrare la mancata informazione ai lavoratori dei rischi e la esposizione del lavoratore all’amianto).
    • l’evento (l’insorgenza di una patologia ricollegabile all’esposizione all’amianto).
    • il nesso di causalità (la riferibilità all’amianto della patologia lamentata).

    Tali dimostrazioni dovranno essere fornite mediante allegazione di apposite perizie medico-legali e prove documentali che certifichino il nesso di causa, permettendo di quantificare il danno biologico e/o il danno patrimoniale patito in conseguenza dell’illecito. Una volta introdotto, il giudizio potrà seguire modalità di svolgimento e di conseguenza tempistiche differenti, variabili caso per caso, in base alla complessità della causa ed alle difese di controparte.

    Basta contattare lo staff di GCP telefonando al numero verde 800 034 193 o compilando il form di richiesta informazioni. Un esperto del nostro staff richiederà un’analisi precisa (e gratuita) dei fatti e degli elementi di rischio in base ai quali si desidera procedere legalmente. In seguito, dopo una preliminare valutazione della situazione effettiva, viene definito, caso per caso, il protocollo di analisi e di documentazioni da compiere.

    Le caratteristiche del nostro servizio sono:

    • NESSUN ANTICIPO.
    • ASSISTENZA DURANTE TUTTO L’ARCO DEL PROCEDIMENTO.
    • PAGAMENTO SOLO A RISARCIMENTO OTTENUTO.

    La filosofia e il punto di forza di Gestione Crediti Pubblici consistono nell’offrire una consulenza gratuita a chi ne abbia necessità, partendo dalla valutazione dei presupposti che individuano l’opportunità di un’azione risarcitoria. Il tutto assolutamente senza alcun costo iniziale per l’assistito. Il cliente non anticipa nulla, neppure le spese processuali, di cui ci facciamo carico noi. Il nostro compenso viene calcolato in forma percentuale solo sull’effettivo risarcimento riconosciuto al cliente; nel caso in cui l’azione legale abbia un esito negativo, il cliente non sostiene alcuna spesa.

    Il compenso professionale dell’avvocato è a carico di Gestione Crediti Pubblici.

    No, nel caso di mancato risarcimento il cliente non dovrà sostenere nessuna spesa.

    Solo nel caso in cui il cliente riceva il risarcimento, a GCP viene riconosciuta una percentuale su quanto effettivamente viene incassato dal cliente.

    In caso di lesione dell’integrità fisica del lavoratore per esposizione all’amianto, il DANNEGGIATO ha diritto ad ottenere il risarcimento dei seguenti danni:

    • del danno patrimoniale, conseguenza eventuale e consistente nella diminuzione della capacità di produrre reddito e in ogni ulteriore danno effettivamente determinato, sia sotto il profilo del lucro cessante che sotto quello del danno emergente.

    • del danno morale ,eventuale, consistente nella sofferenza temporanea sia psichica che fisica conseguente alla lesione.

    • del danno esistenziale, quale lesione dell’integrità dell’individuo nel suo aspetto dinamico-relazionale per quelle mutate abitudini di vita da ricollegarsi alla patologia accusata.

    • del danno biologico (danno alla salute) nella misura patita in maniera permanente o temporanea dal danneggiato.

    Gli EREDI possono inoltre richiedere:

    • il risarcimento del danno biologico iure successionis, ottenendo cioè il danno che sarebbe spettato al deceduto.

    • il risarcimento del danno biologico iure proprio, nella forma di danno biologico, proprio quando risulti che abbiano subito lesioni al proprio bene salute (stati ansiosi, depressivi, ecc.) e come danno da privazione del rapporto parentale.

    • il risarcimento del danno patrimoniale subito dai familiari per il venir meno dell’eventuale contributo economico portato dal de cuius (qualora questi fosse produttore di un reddito) nell’ambito familiare.

    Non è possibile dare una risposta certa, essendo troppe le variabili legate all’instaurazione e al successivo svolgimento di un processo di tale tipo.

    Ai fini della responsabilità generale sul pericolo amianto, compete un obbligo di gestione del rischio a tutti i proprietari di immobili e di impianti con amianto (anche cemento-amianto), in quanto responsabili di eventuali danni causati alla collettività dalla dispersione di fibre di amianto.
In particolare per l’amianto friabile compete l’obbligo di comunicarne la presenza, se è attivato il censimento a livello regionale, ai Dipartimenti di Prevenzione e di attuare, in tempi brevi, una serie di azioni che consentano di accedere e di stazionare nei locali in piena sicurezza.
    Prima di tutto, deve essere eseguita una valutazione del rischio mirata alla scelta del metodo di bonifica più efficace, al fine di eliminare o comunque minimizzare l’esposizione degli occupanti, siano essi lavoratori che cittadini.

    La presenza di materiali costituiti da amianto non è di per sé pericolosa. Se il materiale è in buone condizioni è assai improbabile che rappresenti un rischio per la salute e pertanto è inopportuna la bonifica.
Al contrario, quando le superfici di eternit (amianto-cemento) dei capannoni divengono friabili al tatto e iniziano a sfaldarsi, a causa dell’azione di agenti esterni come la pioggia o gli urti, è NECESSARIO e OBBLIGATORIO, per legge, RIMUOVERLE.
Infatti, in questo caso, si sprigionano particelle di amianto, fibre di amianto, altamente dannose per la salute dei cittadini.

    I rischi per la salute derivanti dal contatto con l’amianto sono sicuramente molto più elevati per chi lavora a stretto contatto con questo materiale. Questo non significa che il problema sia da sottovalutare per chi non ci lavora e per i seguenti motivi: il rischio tumorale non ha teoricamente valori di soglia; le fibre inalate nel tempo si accumulano nell’organismo e aumentano la probabilità di provocare danni; la popolazione esposta comprende anche i bambini (ad es. di una scuola con strutture in amianto) che hanno una lunga aspettativa di vita e, quindi, una maggiore possibilità di sviluppare il tumore.
L’esposizione “civile” è una esposizione reale poiché normalmente chi occupa un edificio in cui è presente l’amianto non porta mezzi di protezione delle vie respiratorie, a differenza dei lavoratori esposti.

    Dal 1994 è vietata la commercializzazione e la produzione di prodotti di amianto o contenenti amianto, pertanto da questa data non può più essere utilizzato se non già presente.

    La richiesta di verifica della situazione deve essere inviata al Sindaco del Comune di residenza, che attiverà ARPA per i controlli. ARPA effettuerà un sopralluogo per verificare, utilizzando le indicazioni predisposte dalla Regione, se il tetto sia ancora in buone condizioni o debba essere trattato/sostituito. Se ritenuto necessario (ossia quando non si è sicuri che sia eternit) può essere eseguito un prelievo di materiale.
    I proprietari degli immobili con eternit sono tenuti alla segnalazione all’ASL che effettua un censimento dei siti con presenza di amianto. La rimozione non è sempre necessaria, i tecnici valutano la possibilità di fissare il materiale in modo da renderlo innocuo, oppure la necessità della sua rimozione. Se i materiali sono danneggiati e pericolosi è obbligatoria la bonifica attraverso rimozione o fissaggio, anche in proprietà private.

    La competenza sui controlli è delle ASL e delle sezioni provinciali ARPAT competenti per il territorio. È possibile rivolgersi anche a laboratori privati specializzati.

    La segnalazione deve essere fatta alla Polizia Municipale e/o all’ASL di appartenenza. Se si tratta di una rimozione non autorizzata provvederanno a fermare i lavori; nel caso in cui l’operazione sia stata autorizzata faranno rispettare le prescrizioni della ASL, l’Ente competente.

    Nel caso di comprovata pericolosità delle strutture in amianto, l’ASL deve intervenire, altrimenti si può configurare il reato di omissione di atti d’ufficio. Può essere utile procedere con una diffida preliminare anche attraverso le associazioni che trattano questi aspetti, come l’Associazione Esposti Amianto (AEA).

    Un elenco delle leggi sull’Amianto si trova nel sito del Ministero della Salute: Normativa Amianto

    L’amianto rappresenta un pericolo per la salute a causa degli effetti nocivi che le fibre minerali di cui è costituito possono determinare in seguito all’inalazione di polveri rilasciate negli ambienti dai materiali che lo contengono.
    Il rilascio di fibre può avvenire in occasione di una loro manipolazione/lavorazione oppure spontaneamente, come nel caso di materiali friabili usurati e sottoposti a sollecitazioni meccaniche (ad es. vibrazioni, correnti d’aria, urti, ecc.).
L’esposizione alle fibre di amianto è associata a malattie a carico dell’apparato respiratorio e delle membrane sierose, principalmente la pleura, che possono insorgere molto tempo dopo la cessazione dell’esposizione: da 10-15 anni per l’asbestosi e anche 20-40 anni per il carcinoma polmonare e il mesotelioma.
    L’asbestosi è una patologia cronica ed è quella che per prima è stata correlata all’inalazione delle fibre di amianto. Si manifesta per esposizioni medio-alte.
    Il carcinoma polmonare è un tumore del polmone che può insorgere per esposizioni anche a basse dosi.
    Il mesotelioma, un tumore della pleura o dell’intestino, è associato all’esposizione all’amianto anche per basse dosi.
In genere, le esposizioni negli ambienti civili, di vita quotidiana, pur essendo nettamente inferiori a quelle professionali, non sono da sottovalutare perchè l’effetto tumorale non ha teoricamente valori di soglia.

    Sì. In generale, nel caso di sospetta presenza di amianto in edifici pubblici, locali aperti al pubblico e di utilizzo collettivo, l’Ente pubblico deve procedere alla prima fase di ricerca delle situazioni “sospette”, richiedendo le specifiche dei materiali ai produttori; in seguito, potrà coinvolgere il Dipartimento di Prevenzione e/o l’ARPA.

    Esistono tre metodi: la rimozione, l’incapsulamento e il confinamento. 
La rimozione deve essere eseguita da personale competente e con le adeguate protezioni.
L’incapsulamento consiste nel trattamento dell’amianto con prodotti penetranti o ricoprenti che, a seconda del tipo di prodotto usato, tendono a inglobare le fibre di amianto, a ripristinare l’aderenza al supporto e a costituire una pellicola di protezione sulla superficie esposta. Questo intervento non richiede la successiva applicazione di un prodotto sostitutivo e non produce rifiuti tossici. È importante rilevare, però, che permanendo nell’edificio il materiale di amianto, ne consegue la necessità di mantenere un programma di controllo e manutenzione. Occorre inoltre verificare periodicamente l’efficacia dell’incapsulamento che, con il tempo potrebbe alterarsi o essere danneggiato, ed eventualmente ripetere il trattamento.
Il confinamento consiste nell’installazione di una barriera a tenuta che separi l’amianto dalle aree occupate dell’edificio. Se non viene associato a un trattamento incapsulante, il rilascio di fibre continua all’interno del confinamento. Rispetto all’incapsulamento, presenta il vantaggio di realizzare una barriera resistente agli urti. È indicato nel caso di materiali facilmente accessibili, in particolare per la bonifica di aree circoscritte (ad es. una colonna). Non è indicato quando sia necessario accedere frequentemente nello spazio confinato. Occorre sempre un programma di controllo e manutenzione, in quanto l’amianto rimane nell’edificio; inoltre la barriera installata per il confinamento deve essere mantenuta in buone condizioni.

    L’amministratore di condominio ha la responsabilità delle parti condominiali comuni e non dei singoli appartamenti presso i quali può svolgere un’azione di informazione e sensibilizzazione.
 Deve pertanto inviare la notifica per la presenza di amianto nelle parti comuni dell’edificio, nei termini fissati dalla Giunta Regionale, all’ASL competente del territorio. L’invio deve essere fatto tramite plico raccomandato.

    Non esistono incentivi diretti.
    È possibile, attraverso il conto energia, sfruttare la sostituzione della copertura di cemento-amianto per l’installazione dei pannelli solari fotovoltaici: in questo caso viene data una percentuale in più di contributi statali, che può permettere di coprire anche le spese di rimozione. Altrimenti, si può utilizzare il finanziamento per l’aumento dell’efficienza energetica degli edifici, e in questo modo far rientrare quella spesa, almeno in parte, negli incentivi.
    A livello locale, le Amministrazioni possono decidere di incentivare queste operazioni, ma solitamente si concretizzano nella riduzione dei costi di conferimento dell’amianto presso i gestori dello smaltimento dei rifiuti pericolosi.

    In primo luogo, se l’azienda ne dispone, è opportuno richiedere una visita straordinaria del medico competente che effettua le visite periodiche ai dipendenti. Se l’azienda non è fra quelle che hanno l’obbligo della sorveglianza sanitaria, oppure si rendono necessari ulteriori approfondimenti, lo SPSAL (Servizio di Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro) può effettuare, su richiesta, visite specialistiche di consulenza.

    La Suprema Corte di Cassazione ha spiegato che l’art. 2087 del Codice Civile, prescrivendo ai datori di lavoro di adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, ha stabilito un obbligo che si riferisce al modo di organizzare l’impresa apprestando attrezzature e servizi idonei allo scopo.
    In particolare, i Supremi Giudici hanno sottolineato che la pericolosità dell’amianto è nota da tempo alla scienza medica, tanto che: “Allo stato attuale delle conoscenze non è possibile escludere l’esistenza di un rischio di tumore polmonare anche a livelli di esposizione estremamente bassi… ”, inoltre, “… la filiera del comando, come si usa oggi delineare una complessa realtà aziendale, ovvero la responsabilità di un’organizzazione sanitaria di grande potenzialità sul piano della prevenzione e tutela della salute, si è dimostrata inadeguata e/o difettosa, pur tra cotanto senno, nel rilevare e segnalare tempestivamente al vertice gestionale il serio e non ipotetico pericolo incombente, costituito dalle fibre d’amianto diffuse nel materiale rotabile, suggerendo rimedi che la comunità scientifica internazionale aveva ormai allo studio”. (Cass. Sez lav. 644 del 2005)
    Condannando così il datore di lavoro al risarcimento dei danni.

    Innanzitutto occorre ribadire che l’amianto risulta pericoloso per la salute solo se viene inalato, in questo caso la soglia di rischio si integra di per sé. Quindi, nel caso in cui l’esposizione all’amianto sia avvenuta in conseguenza di inalazioni di polveri rilasciate negli ambienti occorre innanzitutto provvedere alle denunce alla proprietà dell’immobile, sia pubblica che privata. Successivamente, è consigliabile monitorare la propria situazione clinica, rivolgendo una particolare attenzione alla salute del sistema cardiorespiratorio.

    L’esposizione all’amianto, qualora abbia determinato nella persona esposta l’insorgere di una situazione di ansia collegata alla consapevolezza del rischio per la propria salute, legittima la richiesta del danno. Tale danno verrà riconosciuto solo nel caso in cui il soggetto riesca a dimostrare di aver sofferto, patito conseguenze psichiche (stati di ansia e/o depressivi) ricollegabili all’esposizione all’amianto subita.
    In relazione a questa situazione esiste un interessante precedente giurisprudenziale che ha decretato possibile il turbamento psicologico provato dai cittadini che vivevano nei pressi di un impianto che utilizzava amianto, in quanto consci della reale pericolosità dell’amianto e consapevoli di essere potenzialmente a rischio di malattia.
Una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Appello di Lecce che risale al 2002, ha espresso infatti un importante principio di diritto: “In caso di compromissione dell’ambiente a seguito di disastro colposo, il danno morale soggettivo lamentato dai soggetti che si trovano in una particolare situazione, in quanto abitano e/o lavorano in detto ambiente e che provino in concreto di avere subito un turbamento psichico, come sofferenze e patemi d’animo, di natura transitoria a causa dell’esposizione a sostanze inquinanti e alle conseguenti limitazioni del normale svolgimento della loro vita, è risarcibile autonomamente anche in mancanza di una lesione all’integrità psico-fisica, come il danno biologico, o di altro evento produttivo di danno patrimoniale”. 
In pratica, la Corte riconosce che conoscendo il pericolo, il turbamento prodotto dalla notizia possa essere considerato motivo sufficiente per chiedere e ottenere il risarcimento del danno subito e patito. La ragione, spiega poco dopo la sentenza, sta nel fatto che “si tratta di reato plurioffensivo che comporta oltre all’offesa all’ambiente e alla pubblica incolumità, anche l’offesa ai singoli, pregiudicati nella loro sfera individuale”. 
Quindi, coloro che sanno di aver vissuto in un ambiente dove, per anni, sono state riversate nell’aria fibre di amianto, sia per inquinamento industriale che per inquinamento ambientale (ad es. il rilascio di fibre da manufatti di amianto in cattivo stato di manutenzione), ora che risulta chiaro il rischio cui sono stati sottoposti, possono unirsi in un’azione legale e procedere contro il soggetto responsabile di questo inquinamento, chiedendo il riconoscimento del danno morale personale. 
Un’ipotesi che, fino a pochi anni fa, appariva impensabile perché, mentre per i lavoratori veniva riconosciuta la prova del rapporto causa-effetto fra amianto e malattie professionali come l’asbestosi, per tutti gli altri cittadini che pure si erano ammalati di mesotelioma e ne erano morti, sembrava non esistesse una norma che ne tutelasse il diritto alla salvaguardia della propria salute. 
Occorre però che il cittadino possa provare con certezza il danno ambientale da inquinamento da amianto nonché il danno effettivo alla salute subito (patologie tipicamente connesse all’inalazione di fibre di amianto e/o il danno morale da esposizione al rischio). Quindi, in sintesi, questa procedura non è sempre applicabile, ma solo in situazioni ben definite in cui l’amianto ha effettivamente determinato un danno ambientale concreto.
    Sì certamente. Agli eredi è riconosciuta la legittimazione ad agire sia in ragione della lesione della propria sfera personale (la perdita della persona cara comporta, infatti, sia un danno morale che patrimoniale, qualora la persona deceduta percepisse reddito o potesse percepirlo) che in relazione alla tutela della posizione giuridica della persona deceduta, nel caso in cui la stessa non avesse già agito la propria domanda, in via autonoma, quando era ancora in vita.
    Tutti i proprietari di immobili e di impianti industriali contenenti amianto friabile.
    Ai fini della responsabilità generale sui pericolo dell’amianto, compete un obbligo di gestione del rischio a tutti i proprietari di immobili e di impianti con amianto (anche cemento-amianto, eternit) in quanto responsabili di eventuali danni causati alla collettività e ai dipendenti dalla dispersione nell’ambiente di fibre di amianto. In questi casi (ad es. coperture ecc.), il pericolo è presente soprattutto nelle fasi di manutenzione, rimozione o demolizione della struttura, operazioni soggette alla presentazione obbligatoria di un piano di lavoro al Dipartimento di Prevenzione dell’ASL (ex art. 34 Dlgs. 277 del 1991).